Centro  Mauro Bolognini
lirica

 

LA STRANIERA di Vincenzo Bellini

Rappresentazioni:

  • Palermo, Teatro Massimo – 10 dicembre 1968
    Interpreti: Renata Scotto, Enrico Campi, Elena Zilio, Renato Cioni, Domenico Trimarchi, Maurizio Mazzieri, Glauco Scarlini
    Scene e costumi: Marcel Escoffier
    Coreografie: Ugo Dell’Ara
    Direttore: Nino Sanzogno
     

  • Venezia, Teatro La Fenice – 7 gennaio 1970
     

  • Roma, Teatro dell’Opera – 26 febbraio 1970
    Tournée complessi artistici del Teatro Massimo di Palermo : 31 agosto; 2,5,8 settembre 1972 al Festival Internazionale di Edimburgo.
    Interpreti principali : Renata Scotto, Elena Zilio,Ottavio Garaventa,Domenico Trimarchi.
    Scene e costumi : Marcel Escoffier.
    Direttore : Nino Sanzogno.


     

Da “Il tempo” del 26 febbraio del 1970

Desta meraviglia e ammirazione come Bellini abbia potuto mettere ordine e chiarezza nel groviglio librettesco propinatogli da Felice Romani per “La Straniera”, l’opera rappresentata a Milano nel 1829, preceduta dal “Pirata” e seguìta dai “Capuleti e Montecchi”. Ma il merito di Bellini consiste anche e soprattutto nell’avere carpito al volo della fantasia accenti di puro canto -non il “bel canto” decorativo che faceva mostra di bravura o di astratta bellezza di voce- ma un canto di intensa umanità, in cui gli affetti sfociano in musica risolvendosi in bella forma. Anche se, come nella “Straniera”, non toccano le vette sublimi della “Sonnambula”, della “Norma”, dei “Puritani”. È la schietta natura artistica di Bellini, musicista tutto vita interiore, che si rivelò fino dai primi passi, come nella stupenda romanza di Nelly nell’ “Adelson e Salvini”, opera presentata nel 1825 quale saggio degli studi compiuti, e passata poi, di sana pianta, nei “Capuleti e Montecchi”. È precisamente l’aria di Giulietta “Oh quante volte o quanta”, considerata giustamente la più bella pagina dell’opera. Di particolare spicco, nella “Straniera” è il duetto Arturo-Alaide del primo atto anche per l’armonioso svolgersi del recitativo fra il parlato e l’arioso. Poi una svolta melodica di caldo accento (“Più infelice almen non farmi”) e sulle parole di Arturo “Ah se tu non vuoi fuggir”: un volo lirico di aerea leggerezza che si rinsalda in avvincenti volute melodiche e diventa sostenuto e intenso. Sostenutezza di canto e intensità espressiva si colgono anche in altri momenti, quale il terzetto “No, non ti son rivale” che dal modulatore melodico volge ad una ordinata elaborazione di insieme, e nel terzetto “Ah! non partir”. Infine l’accorata preghiera di Alaide “Ciel pietoso in sì crudo momento” in cui il Parente vede un’anticipazione impressionante dell’invocazione “Casta diva”. Tuttavia mi pare che nonostante i non trascurabili e innegabili pregi accennati il gaudio estetico procurato dall’interpretazione di Renata Scotto e Renato Cioni, nella “Straniera”, manchi ancora al canto quella forza di distensione che si spinge di proprio impulso a sempre nuovi moti, quel volgere della melodia che va e va senza mai ritornare su se stessa che è proprio di Bellini e solo di lui. Vanno anche segnalati i cori semplici, narrativi e sillabati, mai tronfi e tonanti, in cui si può ravvisare il Bellini idilliaco della “Sonnambula”.
Finalmente un bello spettacolo: il primo di questa tribolata Stagione, in cui musica e scena concordano in piena armonia. E ne va data lode non solo agli interpreti tutti, come vedremo, ma ai lavoratori tutti dell’Opera che hanno dato il loro diligente e intelligente contributo alla riuscita dello spettacolo. La campagna che stiamo conducendo perché si ripari ai mali del Teatro dell’Opera è, oltre che nell’interesse dell’arte, soprattutto in loro favore, a garanzia e sicurezza del proprio lavoro. Sul quale, stiano sicuri, non pesa alcuna minaccia.
Il merito artistico della riuscita esecuzione della “Straniera” va riconosciuto a tutti gli interpreti e in primo luogo a Renata Scotto che ha individuato in puro canto, senza una grinza, la bellezza della musica belliniana. Della quale ha colto e reso in pieno lo spirito. Ed è tutto. Il tenore Renato Cioni, nella parte di Arturo, è riuscito nel miglior modo, in cui mi sia stato mai concesso di sentirlo, con bel timbro di voce e sicurezza espressiva. Elena Zilio (Isoletta) ha dato nuova e maggior prova della sua bella voce; è giovane ma di avvenire sicuro. Domenico Trimarchi è un baritono di qualità che si è messo in buona luce nella parte di Valdeburgo. E nulla da eccepire sui contributi di Enrico Ciampi (Montolino), Guido Mazzini (Il Priore), Glauco Scarlini (Osburgo), tutti in irreprensibile armonia d’insieme.
Artefice primo della eccellente esecuzione è stato il maestro Nino Sanzogno, anima e supremo ordinatore degli elementi musicali dell’opera, nel disciplinare i singoli e nel regolare i loro rapporti. Essenzialmente efficace è riuscito nella equa distribuzione dei valori, nell’animarli pur tenendoli a freno, riuscendo ad un equilibrio espressivo intenso e di una elaborata naturalezza. L’orchestra, la bravissima orchestra dell’Opera, alla quale abbiamo dato e diamo tutta la nostra solidarietà, la direzione del maestro Sanzogno ha tenuto unita in stilizzata purezza di suono nell’intimo, di delicata solidità. Proprio quello che in Bellini fu ripreso come una sua deficienza. Egli ha fatto risultare quale il suo miglior pregio: la sostanziosa semplicità dell’orchestrazione. Il modo di associare gli strumenti al canto in semplici arpeggi, proprio di Bellini, non è quello che volgarmente si dice un accompagnamento complementare, ma è parte integrante dell’espressione.
Bene intonati nella loro particolare forma i cori istruiti dal maestro Tullio Boni; suggestive, veramente belle le scene di Marcel Escoffier ideate per il Teatro Massimo di Palermo, nella discrezione del disegno e nella suggestiva armonia dei colori accordati con le luci; regolata con naturalezza del movimento scenico senza minimamente ledere gli interessi della musica, la regia di Mauro Bolognini. Né va taciuta la parte di merito di Giovanni Cruciano nel dirigere l’allestimento scenico.
E infine mi piace segnalare, nel programma illustrativo, la chiara lucida presentazione dell’opera di Bellini fatta da Alfredo Parente, in luogo -ed era tempo- dei soliti acciarpamenti di confusionari che invece di recar luce aumentano l’oscurità.

GUIDO PANNAIN