Centro  Mauro Bolognini
lirica

 

AIDA di Giuseppe Verdi

Rappresentazioni:

  • Venezia, Teatro La Fenice – 26 gennaio 1978
    Direttore: Giuseppe Sinopoli (al suo debutto)
     

  • Venezia, Teatro La Fenice – 24 maggio 1984
    Interpreti principali: Natalia Troiskàja, Gail Gilmore,Nicola Martinucci,Ferruccio Furlanetto,Franco Federici,Juan Pons,Donella del Monaco
    Scene : Mario Ceroli
    Costumi : Aldo Buti
    Corografia: Groffry Cauley
    Direttore : Eliahu Inbal
     

  • Roma, Teatro dell’Opera – maggio 1999, 24 novembre 2000 ; repliche : 26,28,29 novembre
    Interpreti principali: Georgina Von Benza/Isabelle Kabath (in sostituzione di Maria Guleghina), Luciana D’Intino / Carolyn Sebron, Franco Farina / Ki-Chun Park, Julian Konstantinov/Alfredo Zanazzo, Carlo Guelfi/Nicolai Putilin
    Regia: ripresa da Bepi Morassi
    Scene: Mario Ceroli
    Costumi: Aldo Buti
    Direttore : Keri- Lyn Wilson
     

  • Bari
     

  • Catania
     

  • Parma
     

  • Egitto (alle Piramidi) (anni ’80)
     

Da “Musica Viva”, n° 7/8 –luglio-agosto 1984

Una ripresa, ma con pochissime sopravvivenze. L’Aida nell’allestimento Ceroli-Bolognini offrì il debutto operistico a Giuseppe Sinopoli qualche stagione fa. Ora la Fenice la ripropone con la locandina completamente rivoluzionata, perché era giusto rivedere uno spettacolo dalla suggestione non comune. E dello spettacolo parliamo subito.
La scenografia lignea, naturalmente, di Mario Ceroli gioca sulla delimitazione fantastica delle atmosfere: non crea spazi, li apre con gesti scenografici semplici e suggestivi. Qualche cuspide di piramide, una scalinata, una luna espressionista, sei sfingi fortemente dimensionate dalla prospettiva, una barca senza tempo né stile che fende la notte e si arresta come per miracolo. Se escludiamo i riferimenti alle geometrie architettoniche egizie, Ceroli aggira i trabocchetti del ciarpame turistico “tipico”. Semmai con le sue caratteristiche figure spessorate di profilo nel legno allude alla storica immagine di geroglifici. Tutto immerso in un’atmosfera dai colori smorzati e omogenei (il legno naturale) che i costumi semplicissimi ma giusti ed evocativi di Aldo Buti (gradazioni cromatiche conseguenti, sabbiose) non turbano; Ceroli e Buti ci donano quadri dalle tinte asciutte, quasi temendo di comprimere tutto ciò che nella musica appare scatenante, a cielo aperto. Sicuramente un’Aida così pensata e composta meritava una regia meno tradizionale di quella di Mauro Bolognini, che ha praticamente messo in scena un’Aida qualsiasi, facendo (o lasciando) come se i personaggi dovessero agire tra vecchie cartapeste colorate ed esotiche. Invece di seguire l’esotismo poetico e tanto sensuale di queste scene morbide e ariose, Bolognini ha creato soltanto una normale amministrazione gestuale; molto spesso gli atteggiamenti che già contrastavano con la severità dei costumi facevano semplicemente a pugni con l’atmosfera visiva (ancor peggio s’è comportato Geoffrey Cauley, autore di coreografie intollerabili, presuntuose oltre che estranee a tutto il resto).
Il respiro naturale della scenografia Eliahu Inbal l’ha corteggiato direttorialmente in modo felice. Ora brusca, ora ispirata, la sua lettera partiva dal presupposto non comune d’essere affilata e capace di estrarre la massima chiarezza armonica e timbrica dalla ricca orchestra verdiana. Un’Aida in teatro è il sogno di chi ama quest’opera dalle tinte intimistiche e dalla scrittura raffinatissima.; Inbal non ha perduto l’occasione di offrirne un’interpretazione impeccabile. Rispetto alle esigenze della partitura gli manca ancora la fiducia istintiva nel ruolo guida del canto; talvolta impone tempi musicalmente interessanti e drammatici al punto giusto, ma controcorrente rispetto alla scrittura vocale, che impongono legature diverse al canto, respiri perigliosi e incrinano la linea aurea. Non c’è dubbio tuttavia che in Aida Inbal abbia confermato doti interpretative preziose, e fa piacere che il rapporto col teatro veneziano sia così solido e proiettato nel futuro. Due parole sulla compagnia della “prima”. Cast non eccezionale ma discretamente assemblato attorno a Natalia Troitskaja (Aida non ancora seducente, ma con scatti drammatici intensi sostenuti da un’organizzazione vocale di tutto rispetto) e Gail Gilmore che nella parte di Amneris se l’è cavata con più autorità di quanto ci si potesse aspettare; la sua voce penetrante più che fluente, in qualche momento (soprattutto negli insieme) si perdeva un po’, ma il felino e spasmodico quarto atto ha spazzato qualsiasi riserva. Naturalmente bravo Nicola Martinucci, impeccabile e dotato di un accento fortunatissimo Juan Pons.
Lo spettacolo rimane indimenticabile. Da riprendere nuovamente.